Marco Levi
Mondovì
Quando nel settembre del '43 dopo l'incendio di Boves e il prelievo di correligionari da Cuneo venni avvisato un mattino presto di scappare da Mondovì, dovetti prendere una dolorosa decisione: separarmi dai miei familiari. Io ero troppo conosciuto anche nei dintorni per l'attività svolta come piccolo banchiere e industriale ceramista e la mia individuazione poteva mettere in pericolo anche i miei cari.
Avvicinandosi l'inverno venni indirizzato al signor Giovanni Castagnino ai Campi Manera in alta Val Corsaglia. Il signor Castagnino abitava in un casolare composto essenzialmente da una grossa cucina, un camerone dormitorio, una piccola camera matrimoniale, la stalla, una tettoia col forno. I coniugi Castagnino con un gesto indimenticabile di generosità e solidarietà vollero cedermi la loro cameretta e si trasferirono nel camerone col resto della famiglia. Nemmeno dopo la nascita della quarta bambina avvenuta dopo pochi giorni, accolsero la mia richiesta di rioccupare la cameretta.
La presenza delle bimbe, di cui le due prime in età scolare e frequentavano le scuole elementari a Fontane, contribuì a ridurre la mia tristezza e a distrarmi col compito di aiutarle nell'apprendimento, nella lettura, nel calcolo e nell'uso del tempo libero.
I partigiani si erano organizzati e avevano occupato la Val Corsaglia e le contigue valli Ellero e Casotto. Nel febbraio 1944 corse la voce di una probabile irruzione tedesca in val Corsaglia e la popolazione era fiduciosa che le postazioni organizzate con fuochi incrociati da punti strategici potessero permettere di respingere i nemici. Col signor Luigi Castagnino mi ero recato su una posizione da cui si sarebbe potuto osservare gli scontri. Purtroppo i tedeschi giunti in forze ebbero ben presto il sopravvento ed occuparono Fontane. Quella notte non rientrai a casa e mi rifugiai in una specie di anfratto.
Le incursioni tedesche nelle frazioni rendevano rischiosa la mia presenza per me e per la famiglia che mi ospitava. Venni consigliato di trasferirmi a non molta distanza dalla casa, lungo il torrente di Monte Rossino, sotto una sporgenza di roccia ove potevo stare seduto. Mi portarono fieno, coperte e viveri e mi trasferii lì per diversi giorni. Il terreno era ricoperto di neve e i rifornimenti venivano a tarda sera quando la neve era gelata e le racchette usate dal signor Castagnino per raggiungermi non lasciavano tracce troppo evidenti del passaggio. Non mi perdetti però d'animo e attesi con fiducia l'annuncio che i tedeschi avevano lasciato Fontane e potei così rientrare nell'ospitale casa. In caso di emergenza venni talvolta fatto scendere attraverso una botola in una piccola cantina rimanendovi anche alcune ore. Sulla botola veniva ammucchiata neve e versata cenere della stufa per mascherarne il coperchio. [...]
Nel dicembre 1944 si era avuta notizia di una probabile nuova incursione tedesca in valle; mi aveva raggiunto intanto il signor Fabiano Angelo che dopo essersi presentato alla chiamata di leva della Repubblica Sociale per evitare rappresaglie ai familiari era poi fuggito dal reparto e rientrato in valle. Con lui mi trasferii in una bassa tana vicino a una carbonaia e li passammo sdraiati la notte. L'indomani ci trasferimmo in uno "scavo" in zona Martinet lasciando purtroppo tracce del nostro passaggio sul terreno innevato. Cadde fortunatamente un po' di neve e poi si levò un vento gelido. Al mattino dopo trovammo gelate le uova che avevamo portato per rifocillarci.