Mario Tagliacozzo è un agente di commercio, appartiene quindi alla media borghesia ebraica romana. Di lui e della sua famiglia, composta da sua moglie Virginia Camiz e da tre figli, Roberto Guido e Franca, nel corso degli anni che vanno dalle leggi razziali del 1938 alla liberazione di Roma nel 1944, sappiano attraverso le pagine di un diario da lui tenuto in quegli anni e presentato dai famigliari, molti anni dopo la sua morte avvenuta nel 1979, al concorso per diari inediti di Pieve Santo Stefano, dove ha vinto il primo premio. Il diario è stato pubblicato nel 1998, a cura del figlio Roberto, da Baldini e Castoldi con il titolo di Metà della vita. Ed è dalle pagine del diario che traiamo importanti testimonianze sull’impatto che le leggi razziali che cacciavano dalle scuole gli ebrei hanno avuto non solo sui bambini e ragazzi, ma anche sulle famiglie, descrivendo le difficoltà di trovare rapidamente un’alternativa che consentisse ai giovani di continuare a studiare. A Roma, la creazione di scuole medie israelitiche, nonostante le insistenze in tal senso del rabbino Prato, fu inizialmente respinta dalla Comunità, l’unica autorizzata a crearle, e solo l’insistenza delle famiglie riuscì infine ad ottenerla.
Una storia meno conosciuta di quella, riportata in tante testimonianze, del trauma subito dai perseguitati, che ci descrive gli sforzi e la resilienza del mondo ebraico di fronte a quella persecuzione, per la maggior parte di loro, ed anche per la famiglia Tagliacozzo, inaspettata. Oltre all’interesse che questa storia può suscitare, mi sembrano importanti anche le suggestioni che si possono trarre dal riferimento ai battesimi. Non pochi furono infatti gli ebrei che si battezzarono nel 1938, convinti così di poter sfuggire alle conseguenze delle leggi razziali. Non fu così. Bisogna però dire che molti paesi dell’America Latina chiedevano agli ebrei, per concedere loro un visto, un certificato di battesimo.
Nel settembre 1943, quindi prima del 16 ottobre, dimostrando una netta consapevolezza della situazione, la famiglia Tagliacozzo si nascose a Magliano Sabino, supportata e sostenuta da molti degli abitanti del paese. Vi resterà fino al gennaio 1944, per poi tornare a Roma, proprio nel momento più terribile della caccia agli ebrei, e passare da un nascondiglio all’altro, fino alla Liberazione.