Mario Segre era nato a Torino il 16 ottobre 1904 da Giuseppe, originario di Saluzzo, e da Ida Luzzati, originaria di Moncalvo Monferrato. Ida era figlia di Ippolito Luzzati, avvocato e docente all’Università di Torino, deputato liberale fra il 1890 e il 1897. Giuseppe e Ida ebbero quattro figli, il cui primo, Vittorio, si suicidò nel 1935, la seconda, Elena, fu arrestata con la madre Ida a Roma il 16 ottobre 1943 ed uccisa con lei ad Auschwitz. Sopravvisse solo l’altro fratello, Umberto. Quanto a Mario, si dedicò all’archeologia, in particolare all’epigrafia greca. Docente universitario di prestigio, condusse campagne di ricerca nell’Egeo che gli valsero rilevanti riconoscimenti, fino al 1938, quando fu espulso come ebreo. Nel 1943, dopo che sua madre e sua sorella erano state arrestate, aveva trovato riparo, con la moglie Noemi Cingoli e il figlio Marco di due anni, all’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma. Il 5 aprile 1944, uscì con la moglie e il figlio per una passeggiata, e furono tutti e tre arrestati. Morirono tutti e tre ad Auschwitz all’arrivo, il 23 maggio. Mario aveva 39 anni. Anche la vicenda di sua madre Ida e sua sorella Elena è degna di nota. Le due donne abitavano in via di Porta Pinciana, in un appartamento di proprietà della famiglia Volterra. Il 15 ottobre avevano lasciato le chiavi al portiere, fidato antifascista, avvisandolo che stavano partendo. All’alba del 16 il portiere, quando arrivarono i nazisti, li portò nella casa credendo fosse vuota, ma Ida ed Elena vi avevano fatto ritorno senza avvisarlo. Fu così che furono arrestate e assassinate ad Auschwitz.
LA STORIAMario Segre era un giovane ma già illustre studioso di epigrafia greca che aveva condotto numerose campagne di studio nelle isole italiane dell’Egeo. A differenza di suo fratello Umberto, antifascista, poi filosofo e letterato di fama, che nel 1943 riuscì a riparare in Svizzera con la famiglia, Mario non si occupava di politica ma solo delle sue ricerche. Le leggi del 1938 lo cacciano dall’Università e gli impediscono quasi completamente il proseguimento delle sue ricerche. Nel 1943, trova rifugio presso l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma. Dopo il suo arresto, il Vaticano, ad opera del cardinal Montini, interviene insistentemente per ottenere la liberazione sua e della sua famiglia, ma invano. Ci fu nel dopoguerra una polemica sulla questione se fosse stato arrestato in seguito ad una delazione, quella di un suo collega spinto da rivalità accademiche che già lo aveva fatto cacciare, dopo il 1938, dall’Istituto Germanico, o se fosse invece stato casualmente riconosciuto. La spia, tal Giulio Jacobi, non ebbe conseguenze penali.