Brani tratti dalla testimonianza rilasciata nell’ambito del progetto:
Donne Guerra Memoria a cura di Anna Bravo e Annamaria Bruzzone
Pia Luzzatto,
Grazia Giaretto,
Gruppo Valli di Lanzo
Torino
04 Maggio 1989
Io posso dire solo una cosa che a me sarebbe piaciuto far la crocerossina, cioè a me sarebbe piaciuto far l’infermiera, studiar medicina, far l’infermiera fare qualcosa nel campo della medicina, cosa che in famiglia non andava a genio a nessuno, quando l’Italia è entrata in guerra io da quella stupida che ero ho detto: “voglio far la crocerossina” ma le ebree non venivano prese come crocerossine.(...) Io sono sfollata alla fine del ’42 (...) in quel periodo vivevamo molto in famiglia, in paese, a Martassina conoscevo tutti, ma amicizie ... sì c’era l’avvocato Massimo Ottolenghi che abitava ad Ala con la moglie e la bambina, aveva una bambina piccola, poi gliene è nata un’altra, poi c’era Elda Guglielminetti, ma erano ebrei allora era diverso, ma con gli altri non si sapeva mai come comportarsi (...) non era facile avere dei rapporti, sì eran tutti cordiali, erano tutti gentili, tutti sapevano che eravamo ebrei, eravamo noi forse che avevamo paura di compromettere gli altri e poi un po’ di paura anche per noi, anche se proprio paura paura non l’ho mai avuta, non è nel mio carattere (...) Chi era religioso non ha mangiato carne penso per due anni. Mia zia per esempio: che era molto religiosa – quella che era a Martassina – comprava i polli vivi, poi li ammazzava lei, quando li trovava (...) sennò credo che abbiano tirato avanti a uova e cose del genere, non hanno voluto abitare con noi proprio perché loro mangiavano kasher, cioè tutte queste cose permesse e a noi non ce ne fregava niente. Io ho fatto la staffetta, ma con le altre donne partigiane non ho mai avuto niente a che fare, c’era un distaccamento femminile col quale io non avevo contatti anche perché ... intanto mia madre era contraria perché “sai, quelle chissà che cosa fanno?!” perché mia madre aveva un po’ una mentalità borghese e poi perché allora avevamo come comandante, in primo tempo c’era Giolitti, il quale aveva detto a mio fratello “tua sorella ci serve soprattutto se non si sa che ha dei legami con noi, ci sei tu e questo è un altro conto però meno legami ha con, anche con il gruppo femminile, eccetera” perché poteva servire per (...) avere incontri senza essere segnata a dito insomma, siccome io venivo a Torino una volta al mese quindi se non avevo contatti con questi era meglio. (...) Stavo molto male io alla fine della guerra avevo un brutto esaurimento perché avevo avuto delle bruttissime notizie, per quello ci siamo poi fermati in montagna fino a settembre ottobre. (...)