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ESTRATTO INTERVISTA A SIMONE TEICH ALASIA


Brani tratti dalla testimonianza rilasciata a Luciano Boccalatte e Andrea D’Arrigo
Simone Teich Alasia, Luciano Boccalatte, Andrea D’Arrigo
La guerra
Ed eccoci a quel terribile 10 giugno. L’Italia è in guerra! Nel mio intimo già oppresso, spaventato, l’annuncio fu come un colpo di mannaia, anche se intorno a me la gente non sembrava altrettanto scossa forse perché c’era l’impressione che tutto dovesse finire entro brevissimo tempo in un lampo. (...) L’atmosfera diventava sempre più fosca. Si parlava di stranieri, ebrei, persone sospette di antifascismo arrestate. Io non mi sentivo più sicuro nella mia abitazione e mi rifugiai presso amici, in attesa di sostenere l’esame di laurea tre giorni dopo. Quell’esame, da me tanto vagheggiato, che mi avrebbe proclamato dottore in medicina, ebbe luogo nello sgabuzzino del custode del palazzo dell’Università, un antro dove c’era appenaposto per la commissione esaminatrice. Nessuna toga, una scarna celerità, nessun cerimoniale, nessuna solennità. Benché il momento che si stava attraversando potesse giustificare tutto ciò, uscii da quella prova triste, svuotato. La guerra mi aveva privato della pienezza, della gioia di un momento che costituisce per un uomo una pietra miliare.

Brutte notizie da Budapest
Purtroppo all’inizio di settembre ebbi una tragica notizia: i miei genitori e mia sorella erano stati deportati da Budapest e internatiin un campo dove subivano un trattamento disumano. Furono depredati di tutti i loro averi e dovettero affrontare un lungo periodo di incredibili sofferenze. Ma dopo un anno circa, prima mia sorella e poi mio padre, riuscirono a tornare clandestinamente a Budapest, mentre mia madre, nella fuga, perse la vita. Si può immaginare la mia disperazione, anche perché, non volendo parlarne con nessuno, tenni chiuso in in me tutto il mio dolore. Anche il mio incrollabile ottimismo subì un grosso scossone. Mia sorella, in seguito, grazie ai documenti di una ragazza morta, sarebbe riuscita emigrare in Palestina, mentre mio padre, proprio nelle ultime settimane di guerra, con le truppe russe alle porte di Budapest, sarebbe stato di nuovo catturato dai nazisti ungheresi e fucilato sulle rive del Danubio.

La resistenza
Rimasi nelle Valli di Lanzo [dal 25 giugno 1944] fino alla liberazione, nell’aprile 1945, un periodo estremamente breve se paragonato alla vita di un uomo eppure i ricordi di quel periodo occupano tutta la mia memoria con una prepotenza assoluta, che spesso mi fa rivivere non solo avvenimenti ma anche emozioni alcune decisamente drammatiche, altre piene di gioia. Nell’arco di cinquant’anni i ricordi di quell’intenso periodo si sono spezzettati e ricomposti mille volte sull’onda di pensieri che nostalgicamente rievocavano gli avvenimenti reali in base alla forza delle emozioni che essi avevano suscitato. E queste emozioni, alcune delle quali veramente struggenti, vorrei non sfuggissero al pubblico, perché per molti sono state un patrimonio di vita assolutamente prezioso e insostituibile.
Quella sera sentii che qualcosa stava cambiando in me. Mi sentivo una persona libera. Per molti anni tutti i miei pensieri si erano concentrati sull’idea di come si sarebbe evoluta la struttura del mondo dopo la guerra. Ma dopo il mio primo impatto con le persone che incontravo, capii che in quel momento avevamo tutti un denominatore comune: combattere il nazifascismo. Ognuna di quelle persone aveva un suo modello politico, ma ebbi l’impressione che un orientamento comune fosse dato soprattutto dall’idea di abbattere un sistema totalitario che nessuno poteva accettare.
Avevo la sensazione di vivere in un mondo magico. La prima notte non riuscii a dormire pensando a un futuro libero, dove ognuno avrebbe potuto esprimere le proprie idee e i propri pensieri. Ero sicuro che questo nuovo mondo avrebbe reso possibile la pacifica convivenza tra idee nettamente contrapposte.
Un medico della Resistenza
Materiale bibliografico, Monografia

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