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ESTRATTO INTERVISTA A LEONARDO DE BENEDETTI


Brani tratti dalla testimonianza rilasciata nell’ambito del progetto: Consiglio regionale del Piemonte A.N.E.D. -Sezione di Torino Istituto di Storia della Facoltà di Magistero dell’Università di Torino
Leonardo De Benedetti, Federico Cereja, Maurizio Gentile
  30 Settembre 1982
l tentativo di fuga
[...] Guardi, di particolare intanto la mia storia può presentare questo, che io con la mia famiglia -era molto numerosa -eravamo passati in Svizzera, e dalla Svizzera ci hanno respinto. Hanno respinto non tutti, solo me e mia moglie.
Siam passati tutti. Ma appena noi siamo riusciti ad arrivare a un posto di sorveglianza dove c'erano i finanzieri o le guardie di confine svizzere -non so bene -ci han subito avvertito che era molto difficile che ci trattenessero, che ci potessero trattenere, perché, dato il grande afflusso di profughi la Svizzera non poteva provvedere più a tutti. E allora trattenevano soltanto le persone anziane -cioè quelle che avevano compiuto più di 65 anni -le famiglie che avessero avuto dei figli di età inferiore ai 12 anni e i malati. Ma questo ce l'han detto dopo, quando noi avevamo già detto la nostra età e che io non avevo figli. Se fossimo stati avvertiti, cioè se avessimo saputo in precedenza questo particolare dei figli inferiori ai 12 anni, con me c'era una mia cognata, cioè la sorella di mia moglie, col marito e con tre bambini, allora avrei potuto benissimo dire che uno di quelli era nostro, non lo sapevamo quindi...
Io [...] soffrivo allora -come ho sofferto per tanto tempo -di un'ulcera duodenale, perciò quando mi hanno chiesto se stavo bene, io gli ho detto di sì, pensando che se gli avessi detto che stavo male per un’ulcera loro malati non ne volessero per non pagare le spese di ospedalità; quindi gli ho detto che stavo benone. Avrei potuto dire che mia moglie... magari era incinta, lì per lì non potevano mica visitarla, o inventare qualche altra malattia, invece anche lì ho detto che mia moglie stava molto bene. E così loro ci han detto: "Voi dovete partire".
[...]Allora io e mia moglie siamo tornati in Italia insieme a una troupe di gente che era passata con noi pur essendo indipendente da noi insomma. Erano dei cittadini jugoslavi. Siamo rientrati in Italia. Siamo stati 15 o 16 e di questi...eh sì, eravamo almeno 15 o 16, e di questi 16 siamo sopravvissuti in due: io e uno di questi giovani jugoslavi [...] E gli Svizzeri ci hanno riaccompagnato alla frontiera, ci hanno immesso sul sentiero che portava a Lanzo d'Intelvi, quello stesso punto dal quale noi eravamo partiti il giorno prima. Gli Svizzeri erano stati molto cattivi, erano stati molto cattivi; io mi sono trovato in questa particolare, tremenda situazione: nella notte -io avevo con me mia madre che, poverina, non stava bene, soffriva di disturbi arteriosclerotici, eccetera -e nella notte che abbiamo trascorso lì mia madre ha avuto una trombosi. La mattina -noi eravamo in una caserma, proprio una caserma di militari -la mattina sono andato a cercarel'ufficiale medico del reggimento che era accasermato lì, l'ho pregato che venisse a vedere mia madre che aveva avuto questa trombosi cerebrale, eccetera. Lui è venuto; le ha fatto una visita stupendamente minuziosa -perché non ci voleva molto a fare unadiagnosi -ma l'ha visitata proprio dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi e poi m'ha detto: "Già è vero, è proprio una trombosi". Grazie, lo sapevo anch'io! E l'ha fatta ricoverare in un ospedale. E io gli ho detto che...potevo stare anch'io, perché in fin dei conti ero suo figlio, ero medico, eccetera, e lui m'ha detto queste testuali parole: "vostra madre è in ospedale, sarà curata benissimo anche senza di voi. Voi dovete partire e partirete". E non c'è stato verso, mi ha imbarcato, mi ha fatto partire con mia moglie. Questo è successo esattamente al 4 di dicembre.

La religione
Guardi, io sono sempre stato un ebreo, ma non religioso. Non ho mai potuto assorbire...per quanto in casa, quando ero ragazzo eccetera, la mia famiglia, non è che fosse ortodossa e molto osservante, ma insomma si celebravano le ricorrenze ebraiche, venivano solennizzate, magari soltanto banchetti, insomma quella che era l'usanza ebraica, ma intimamente io non sono mai stato credente [...] C'erano...c'erano nel campo -a proposito di religiosità -particolarmente negli ebrei dell'Europa orientale, polacchi, rumeni, cecoslovacchi, eccetera, c'erano uno spirito di religiosità abbastanza radicato. Guardi che ci sono stati degli ebrei che il giorno del digiuno -lei sa che è il giorno del Kippur -hanno lavorato lo stesso ma non hanno mangiato, e la razione che ricevevano se la facevano...la affidavano al capoblocco che gliela conservasse; così alla sera, quando il digiuno è finito, hanno mangiato tutto quello che avrebbero mangiato nelle 24 ore precedenti [...] Certo che chi ha fatto il digiuno quel giorno bisogna dire che avesse uno spirito ben radicato perché avevamo...sa, la nostra malattia cronica era la fame.
Trascrizione intervista a Leonardo Debenedetti
Materiale bibliografico, Risorse digitali - Banca dati

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