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ESTRATTO INTERVISTA A MARISA DIENA


Brani tratti dalla testimonianza rilasciata nell’ambito del progetto: Donne Guerra Memoria a cura di Anna Bravo e Annamaria Bruzzone
Marisa Diena
  09 Giugno 1994
Le leggi razziali
Si dunque io sono di famiglia ebrea, una famiglia della media borghesia. Ho avuto un’infanzia e un’adolescenza assolutamente ... così, normale, andavamo a scuola. Pensi che ancora adesso, una volta alla settimana, ciincontriamo; siamo sei o sette compagni di scuola che abbiamo mantenuto questo legame di amicizia. La cosa curiosa, lo dicevamo ieri, nella nostra classe su venti, venticinque alunni, eravamo otto ebrei. È però è successo che noi abbiamo potuto finire benissimo il liceo. Non solo, ma quando sono sopravvenute le leggi razziali, eravamo già iscritti all’università, io ero già iscritta all’università (...) per cui io mi sono potuta laureare. Invece chi ne ha sofferto di più è stato mio fratello piccolo, che aveva appena fatto la terza media (...)
Per cui non è che personalmente ... io avevo un’adolescenza spensierata, così ... eravamo un gruppo di amici, andavamo a sciare, d’estate andavamo al mare. Ho avuto un’adolescenza facile, molto facile. Io ero anche molto diversa, si può dire proprio che ho cambiato pelle dopo, perché così ... ero piuttosto, non è che studiassi molto a scuola, non mi sono impegnata molto. Io ho cominciato a studiare dopo quando sono entrata nel partito; dopo la Resistenza ho cominciato a studiare ...
Altri sono rimasti più colpiti [dalle leggi razziali]: (...) siccome mio papà faceva un lavoro autonomo non è stato colpito nel lavoro, ma tutti quelli che erano statali, inseganti, io avevo uno zio che era nell’esercito e quello è stato allontanato, eracolonnello, non è più tornato

La maturazione politica
Poi ho un fratello, perché io avevo due fratelli, Giorgio Diena che nel 41 aveva 22, 23 anni, era molto giovane, ha cominciato a fare attività clandestina (...) allora io ho cominciato a diventare antifascista, così, ma ho cominciato (...) prima delle leggi razziali; anzi devo dire che sia io sia mio fratello eravamo indignati quando gli ebrei diventavano antifascisti soltanto perché si sentivano colpiti personalmente ... già nel 1936, ’37 mi colpiva sia da un punto di vista morale che da un punto di vista estetico, tutta questa retorica, le parole che non avevano più nessun significato, questo oscurantismo, questo fatto che i giovani non avessero una prospettiva anche allora (...) l’altro mio fratello che come dicevo è molto giovane, a 14 anni era andato da questo mio nonno ed era stato affidato a un disegnatore di mobili perché imparasse questo mestiere e lui era diventato comunista
Quindi avevo un fratello iscritto al Partito d’Azione e l’altro comunista. (...) Io avevo letto moltissimo sulla letteratura russa, quindi i grandi scrittori dell’ottocento e questo fatto (...) quando dal 1940 (sic!) l’Unione Sovietica era stata invasa e li aveva lasciati entrare (...) e poi li ha ricacciati indietro. Quindi noi sentivamo moltissimo questo sacrificio (...) noi sapevamo che erano i russi che avevano fatto dal ’42, la grande difesa a Stalingrado. Non solo, ma c’era l’assedio di Leningrado (...) noi tutte queste cose le vivevamo per cui avevamo una grande ammirazione per questo popolo. Allora ... questa conoscenza della civiltà russa, il fatto che mi sembrava che il partito che più ... io ho sempre detto che ero imparentata con il Partito d’Azione; questi erano persone molto intelligenti, molto colti, però io notavo una differenza e cioè che gli altri erano seri, avevano ... per me, non so, mi sembrava avessero la garanzia di voler andare fino in fondo per tornare alla vita che facevano. ...

La scelta della Resistenza
Noi eravamo indignati, ci eravamo vergognati per il fatto di essere alleati dei nazisti (...) a un certo punto essere tra i protagonisti, riscattare questo avvilimento in cui era caduta l’Italia, viene poco sottolineato, invece nella Storia d’Italia questo era un momento molto importante, che ci fosse una massa di genteche sentiva, che voleva immettersi in prima persona nella vita nazionale, proprio per liberarsi sia dai tedeschi sia dai fascisti, perché le due cose erano mischiate. Era questo insomma che ci spingeva. E questo significava poi trasformazione di tutto anche trasformazione della vita dei cittadini.
Anche i miei genitori sono stati fortunati perché loro sono sempre stati a Torino, perché ci sono degli ebrei che erano ... non pochi, che erano consapevoli dei campi di sterminio anche se non degli orrori che sisono conosciuti dopo, ma erano consapevoli (...) .furono fortunati perché mio padre durante la guerra si era fatto crescere i baffi, metteva gli occhiali anche se non ne aveva bisogno, sembrava più ebreo ancora di prima: è stato fortunato, sono stati fortunati che non sono stati presi. Io invece ho avuto dei parenti, mio fratello, ecco il fratello di mia madre che lavorava in questa fabbrica di mobili, faceva la l’arredatore. Mio nonno era lui che la dirigeva tutti dicevano ma nasconditi vai via e l’hanno preso in fabbrica l’hanno preso in fabbrica ed è morto non l’hanno mai più ritrovato. Altri due zii sono stati catturati e poi amici, non so con Primo Levi c’era la Vanda Maestro che era molto gracile, molto fragile, paurosa che invece è morta in campo di sterminio, quindi ho avuto molte persone che sono state ...
Noi eravamo partigiani. Cioè per me il razzismo era sullo stesso piano di tutte le altre iniquità del fascismo, per me e anche per i miei fratelli. Quindi noi combattevamo insieme l’occupazione tedesca, il fascismo, il razzismo, erano tutte cose obbrobriose ... per questo che avevamo questa forza, questa volontà, questo entusiasmo.

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