Brani tratti dal discorso pronunciato dal rabbino di Firenze Joseph Levi nel 69° anniversario della Liberazione di Firenze, 16 agosto 2013
Eugenio Calò,
Carolina Lombroso
Firenze
16 Agosto 2013
[…] Voglio innanzitutto ringraziare il Sindaco, il Consiglio ed il Comune di Firenze per avermi invitato a prendere la parola in questa importante manifestazione per la città, ma in realtà, essendo Firenze stessa decorata di Medaglia d’oro, per l’Italia intera. Aver invitato ad intervenire non solo un esponente della comunità ebraica di Firenze ma il Rabbino stesso è espressione di profonda fiducia sia nei confronti dei cittadini ebrei di questa città alla quale sono sempre stati devoti che nei confronti della loro millenaria cultura ebraica. È un segno di fiducia e riconoscenza verso la nostra collettività per il quale voglio subito ringraziare, non solo a nome mio, ma innanzitutto a nome del nostro Presidente, del nostro Consiglio e della nostra collettività intera, che si commuove per questo gesto di affetto verso cittadini presenti e attivi sul territorio fiorentino fin dai tempi dei Medici, di Ficino e di Pico della Mirandola. Voglio però leggere questo invito anche come un segno di riconoscimento del ruolo che la società ed il mondo ebraico hanno avuto, ed hanno tuttora nella costruzione della vita sociale politica e culturale dell’Italia moderna, dal Risorgimento ad oggi. I cittadini ebrei di Firenze e del resto d’Italia hanno preso attivamente parte alla costruzione dell’Italia moderna. La loro partecipazione convinta e fattiva, i loro contributi scientifici, letterari e morali e la loro identificazione con il Risorgimento ed i suoi valori sono noti. Lo ricordo qui, oggi, per poter capire ancora meglio la sofferenza dei cittadini italiani di religione ebraica a causa delle leggi razziali, promulgate dal regime fascista e firmate a Pisa dallo stesso Re di Casa Savoia, il cui padre e il cui nonno invece, durante le visite ufficiali a Firenze, visitarono la bella sinagoga della comunità ebraica di Firenze, simbolo e manifestazione degli stessi valori civili promulgati da Casa Savoia e dal Risorgimento. Ma a Pisa, e mi scuserete se faccio il nome di Pisa a Firenze, fu ospite anche un’altra figura nazionale del Risorgimento italiano, Giuseppe Mazzini, ospite fino alla morte della famiglia Rosselli, presso i nonni dei fratelli Carlo e Nello Rosselli. I cerchi dei significati hanno una loro logica ed un loro senso. Ma la patria, i Savoia inclusi, non ha saputo riconoscere quei figli che tanto hanno voluto e saputo contribuire alla sua nascita e alla sua costruzione. Questa è, ancora oggi, la vergogna e la ferita che fa soffrire i cittadini italiani di religione ebraica. Questa fu l’enorme sofferenza dei cittadini ebrei negli Anni Trenta, ancor prima delle persecuzioni fisiche e della deportazione del regime nazifascista. Ed è questo spirito alto della cultura umana, della giustizia, del rispetto dell’uomo e dei suoi diritti politici e civili, della sua dignità, dei valori alti della nascente cultura umanistica laica e moderna dell’Italia moderna d’inizio Novecento, messi a rischio dopo il dramma politico ed economico della prima guerra mondiale dai nascenti progetti fascisti, questo spirito spinse i fratelli Rosselli ad essere attivi in nome dei valori del Risorgimento italiano, a mettersi al servizio della nazione, della società, dei diritti dell’uomo, fino ad essere immolati dal regime fascista sull’altare dei valori autoritari e totalitari, barbari, anti-umani e anti-italiani di un regime fondato sul culto del potere, della forza e della personalità. I Rosselli furono fra i primi ebrei, ma non gli unici, a sacrificare la vita per difendere i valori risorgimentali dell’Italia moderna.
Notevole ed importante fu il contributo di cittadini fiorentini ebrei alla Resistenza e al Comitato Toscano di Liberazione Nazionale. Una delle particolarità degli eventi della guerra e della deportazione a Firenze, ci ha insegnato Collotti con i suoi collaboratori Supino e Bayardi, fu proprio la stretta collaborazione ed il contributo a ogni livello dei cittadini ebrei alla lotta dei partigiani e allo sforzo del Comitato di Liberazione, impegnato nei drammatici mesi che vanno dal novembre del ’43 all’agosto del ’44 a difendere la popolazione e ad abbattere lo spietato nemico. Permettetemi di ricordare i partigiani elencati sulla lapide commemorativa nel giardino della nostra sinagoga:
Il partigiano Eugenio Calò, nato a Pisa nel 1906, Medaglia d’oro al valor militare, vice-comandante della 23a Brigata Garibaldi sui monti del Casentino, e poi comandante nelle montagne vicino ad Arezzo. Egli, pur dimostrando umanità nei confronti dei prigionieri tedeschi catturati dai partigiani e salvandoli dalla morte, fu poi ucciso dai soldati dell’esercito tedesco dopo la sua cattura il 14 luglio del ’44.
La moglie Carolina Lombroso, incinta del quarto figlio, rifiutò di nascondersi pensando di essere risparmiata per il suo stato; ma fu incarcerata con i tre figli alle Murate e, deportata nel maggio del ’44, partorì nel treno per Auschwitz.