Eugenio Calò era nato a Pisa il 2 luglio 1906 ma si era trasferito ancora ragazzo ad Arezzo dove aveva aperto una piccola officina per macchine agricole.
Dopo l’8 settembre 1943, entrato nella Resistenza, divenne vice comandante della 23a Brigata Garibaldi “Pio Borri” prima sui monti del Casentino e poi nelle montagne vicino ad Arezzo. Nel maggio 1944 fu arrestata sua moglie Carolina Lombroso, incinta del quarto figlio, incarcerata con i tre figli alle Murate e deportata. Partorì nel treno per Auschwitz, dove andò subito al gas. Calò cercò invano di salvarla. Catturato con altri partigiani, portato a San Polo e torturato, fu assassinato il 14 luglio 1944. Insieme a lui furono massacrati dai tedeschi, coadiuvati dai fascisti, decine di civili, uomini, donne e bambini, in quello che è divenuto noto come l’eccidio di San Polo. È medaglia d’oro al valor militare.
LA STORIA
È una storia tragica quella di Eugenio Calò, ebreo toscano, comandante partigiano, che non riesce a salvare la moglie incinta del quarto figlio né i suoi bambini. Il bambino nasce nel carro bestiame che li trasporta ad Auschwitz. Ma Eugenio, che è medaglia d’oro al valor militare, non lo saprà, perché morirà a sua volta assassinato dai nazisti e dai fascisti insieme a molti altri civili e partigiani in uno dei tanti eccidi di civili nell’Italia occupata, nel luglio 1944. I tedeschi responsabili sono stati tutti, in successivi processi, assolti. Un ampio inquadramento del rabbino Josef Levi ci aiuta a indagare lo stretto rapporto esistito in Toscana fra partigiani ed ebrei.