Bianca Colbi Finzi
Emilia-Romagna
Così passa la primavera, passa l’estate e un altro inverno si avvicina con tutte le difficoltà del riscaldamento e dell'approvvigionamento. Ma il nostro umore si mantiene sereno; i nonni da Ferrara vengono di tanto in tanto a trovarci. […]
In un cassetto ben nascosta c’è la nostra compagna inseparabile: una minuscola radio a 5 valvole, rossa e nera, opera di Italo; è lì che di notte (quando ormai nella casa tutto è silenzio) udiamo la voce confortatrice di Radio Londra, i commenti del colonnello Stevens. … È lì che il nostro cuore si aprì nuovamente alla speranza, udendo che l’avanzata italo-tedesca era stata frenata. […] Quanti momenti tristi e quante emozioni sono scaturite per noi da quel piccolo apparecchio. Ed ecco avvicinarsi il 25 luglio; eravamo andati a trovare le bimbe in campagna; di notte il contadino ci sveglia, dandoci la notizia che Mussolini è saltato. Non ci potevamo credere, tanta era la nostra gioia. Al mattino presto in bicicletta rientrammo a Bologna: la gente pareva trasfigurata, tutti si abbracciavano commossi e ancora un po’ increduli: sembrava davvero troppo bello, per essere realmente vero. E fu proprio così: troppo breve. Avevamo appena respirato una boccata d’aria libera, che sopraggiunsero le tristi giornate dell’armistizio: 8-9 settembre; quante incertezze e quanta paura! I tedeschi arrivano innumerevoli, carichi di armi, con uno spiegamento di forze inaudito. […] Italo non è più lui; ogni tedesco che vede è un’ossessione: non è più possibile restare a Bologna: i suoi nervi sono troppo tesi. In quattro e quattro otto decidiamo di sfollare. Mentre le bombe non ci avevano dato preoccupazioni di sorta, i tedeschi ci fanno paura. E così un bel giorno io piglio una corriera e arrivo in un paesetto in montagna: Castiglione dei Pepoli; riesco a trovare alloggio per noi, per i nonni e per gli zii. Il giorno seguente faccio un mucchio di valigie e il 20 settembre con due macchine e un bel po’ di denaro partiamo per Castiglione dei Pepoli.
Viviamo in due stanzette discrete, in casa di contadini; il tempo è bello, io faccio delle grandi gite in cerca di cibarie e realmente non ci possiamo lamentare. Ogni settimana scendo in città per badare all’ufficio, alla casa, ecc. Viaggi veramente disastrosi: corriere stracariche, poi chilometri in bicicletta, allarmi, bombardamenti, ma almeno non ho pensiero per mio marito e le bimbe. I nonni ancora non si decidono a raggiungerci, malgrado le nostre continue insistenze. Gli zii invece sono già arrivati. L’ottobre trascorre in una discreta calma; è arrivata frattanto la zia Clara da Trieste, che condividerà con noi il resto delle nostre brillanti avventure. A Bologna, nel nostro ufficio, si raccolgono intanto gli esponenti del Partito d’Azione. In compenso il morale è abbastanza alto; ad ogni buon conto ci facciamo fare le carte d’identità false: non si sa mai.
Da Ferrara è un pezzo che siamo privi di notizie. Italo è molto impressionato per questo lungo silenzio; i nostri espressi rimangono senza risposta. In fine, verso il 20 novembre, una lettera di mia suocera: il 14 novembre il nonno è stato preso; è in prigione a Ferrara; la notte dell’eccidio tutti gli uomini ebrei sono stati presi. Io decido di partire immediatamente: cercherò tutti i mezzi per farlo liberare; Italo vuol partire: non lo deve fare e non glielo lascio fare. È troppo conosciuto …. si farebbe pigliare sicuramente.
Parto. Oh, tristezza di quel viaggio: piangiamo entrambi quando ci salutiamo. Egli è sicuro che non rivedrà mai più suo padre; io mi illudo di riuscire a fare qualche cosa, ma purtroppo è solo illusione. Arrivo a Bologna in una serataccia buia e piovosa; non c’è più nessun mezzo per andare a Ferrara. Vado a trovare degli amici: i Rozzi. Lui mi proibisce di andare a Ferrara, e mi spiega come aggraverei la situazione per tutta la famiglia. E così decido di mandare a chiamare mia suocera. Ella arriva al più presto; ha tante speranze, ha parlato col vescovo e si spera in bene. Invece la situazione peggiora per tutti noi.
I miei viaggi diventano sempre più pericolosi; per un mio ritardo di un giorno ritrovo Italo con gli occhi fuori della testa. Ormai anche Castiglione non è più sicuro per noi. Bisogna pensare seriamente a cambiare residenza, e questo d’inverno e a 800 metri d’altezza con due bimbe piccine.
I primi di dicembre sono nuovamente a Bologna; i fascisti sono stati a cercarci, ma nessuno parla: nessuno sa dove siamo… pare in Svizzera. Cerco di sistemare alla meglio i nostri mobili, le casse di stoviglie… Mia suocera è scappata da Ferrara ed ha già proseguito per Castiglione. Io definisco le ultime cose più urgenti e finalmente do addio a Bologna, alla mia casetta ed alla signora Finzi; ormai bisognerà dimenticare quello che eravamo e creare una nuova famiglia, e precisamente la famiglia Florio, siciliana.