Testimonianza di Wanda Finzi Sacerdoti tratta dal Diario inedito scritto in terza persona, sotto la sigla A., da Wanda molti anni dopo e depositato presso l’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano
Wanda Finzi Sacerdoti
Napoli
1942 - 1943
Con un’ordinanza del Prefetto di Napoli del 25 settembre ’42, trentasei uomini della Comunità Ebraica di Napoli sono mandati ai lavori coatti a Tora e Piccilli, comune di 400 anime in provincia di Caserta, a 27 km da Cassino. Tra questi uomini c’è il marito di Wanda che, reputando il luogo tranquillo e la vita da confinati non particolarmente dura, decide di far traslocare (con mobili e masserizie) moglie e figlie e la preziosa domestica Maria, in una casa all’ingresso del paese, scelta che si rivelerà fatale. Nel maggio del ‘43 Wanda, al terzo mese di gravidanza, viene arrestata e sconta 5 mesi di carcere per aver ascoltato Radio Londra. Dopo l’estate il marito scappa con gli altri uomini sui monti, il 9 settembre gli Alleati sbarcano a Salerno, alcuni soldati sbandati arrivano a Tora e Piccilli dove Wanda diventa un punto di riferimento: li riveste da civili, nasconde le divise e li rifocilla permettendo loro di ricongiungersi alle loro armate… finché i tedeschi, diretti verso Montecassino, approdano a Tora e Piccilli e decidono di far saltare la casa di Wanda, per bloccare la via d’accesso al paese.La notte era buia e il paese senza luci. A. fece fuggire i figli in braccio alla fedele e coraggiosa domestica e si fermò per cercare di convincere i guastatori a risparmiare la casa. Ad ogni esortazione rispondevano inesorabilmente “kaputt”. Era una scena allucinante: a lume di candela, una donna notevolmente ingrossata e prossima al termine della gravidanza, sola di fronte a due uomini armati fino ai denti, implorava di rinunciare a quella distruzione. Vista l’inutilità delle sue parole cercò almeno di raccogliere le cose indispensabili al nascituro, prima di allontanarsi.
Le venne in aiuto una coraggiosa amica che si trovava a letto con la febbre, in una casupola non lontana. L’eco di quanto stava per avvenire le era giunto e generosamente si alzò nella notte per aiutarla. Fuggirono il più lontano possibile, mentre il fragore si spandeva nella notte seminando terrore in tutto il paese e le moto dei guastatori si allontanavano. Il fragore evidentemente giunse fin sulle montagne poiché ne scesero alcuni degli uomini là rifugiati fra cui il marito di A. L’incontro sulle rovine della loro casa fu drammatico, ma insieme commovente. Essere scampati a tanta sventura e ritrovarsi vivi avendo salvato i figli era già evento miracoloso.
La strada principale dove si trovava la casa fu totalmente ostruita dalle macerie, a malapena poteva percorrerla un bulldozer.
A. si aggirava come inebetita fra quelle rovine cercando qualche ricordo, qualche oggetto caro … Si mise a raccogliere le fotografie della sua giovinezza che erano contenute in un album, ora sparpagliate al suolo come tante derelitte. … Raggiunse i figli nel rifugio che aveva lasciato in precedenza, ma altri amici le offrirono un’ospitalità meno precaria. L’evento si avvicinava a grandi passi. Nel frattempo la notizia dell’esistenza, in un paesino sperduto della Ciociaria, di una donna prossima al parto e di un gruppo di ebrei giunge, grazie ai soldati aiutati da Wanda, al comando Generale di Londra. Da Londra viene trasmesso a Napoli l’ordine di preparare un camion che guidato da soldati della Brigata Palestinese il 18 novembre riporta a Napoli Wanda e le sue tre figlie, la più piccola, Annie di soli 2 giorni.