NOMI
Carla Cohn
LUOGHI
Campo di concentramento di Theresienstadt
DATAZIONE
2014
TIPO TESTIMONIANZA
Alcuni giorni dopo, il 24 giugno [1942], ricevemmo l’ordine di mettere in valigia quello che potevamo portare. Saremmo stati presi al tramonto per essere portati al Sammellager, punto di raccolta, per un ulteriore trasporto. Fu tutto quello che ci fu detto, non ricordo da chi. Facemmo la valigia, una borsa per ciascuno, nella mia misi cose necessarie per papà. Anche se era giugno decisi di indossare il mio cappotto invernale, che mi piaceva molto, con il suo cappuccio dal bordo di pelliccia, perché non stava nella valigia. Era l’ultimo regalo di compleanno che avevo ricevuto dai miei genitori. Lo tenni con me a Terezín fino a che non mi fu portato via ad Auschwitz.
Terezín, noto anche come “il ghetto dei bambini”, all’inizio fu definito un ghetto per “privilegiati”. In realtà era un campo di transito per Auschwitz-Birkenau. Circa 15.000 bambini, con meno di quindici anni, furono strappati ai loro genitori per essere uccisi ad Auschwitz. Meno di cento bambini sono riusciti a sopravvivere ad Auschwitz – io sono una di loro.
La città di Terezín è una vecchia fortezza a sessanta chilometri da Praga. A prima vista, sembrava meno terribile di quanto avessi immaginato. Fummo portati all’interno da altri ebrei, come indicava la loro stessa gialla. Ci condussero a quella che pareva una specie di piccola città quadrata circondata da Kasernen, baracche. Fummo portati a una di esse e ci fu detto che eravamo stati assegnati allo Stall (stalla), n. 4. Ci fu detto che saremmo stati assegnati al lavoro, tranne Manfred [il fratello], che era troppo piccolo.
Lui e io fummo destinati alla baracca dei bambini L. 414 Kinderheim per bambini tedeschi e austriaci, divisi secondo l’età. I bambini più grandi erano assegnati a lavori di “giardinaggio” negli orti dietro alle baracche. Erano disponibili altri lavori. Chiesi e ottenni di lavorare come “assistente infermiera” e fui assegnata all’ambulatorio in cui lo staff era costituito da altri prigionieri, dottori e infermieri tedeschi e cechi. A Manfred e a me piaceva stare al Kinderheim, dove eravamo in stanze separate. Ciascuna stanza aveva un capo gruppo più anziano. Di sera i responsabili del gruppo ci impartivano ogni tipo di lezioni. … La mia capo-gruppo, Liza, era una ceca di Praga che parlava tedesco, una sionista. Ci dava lezioni di ebraico, ci parlava della Palestina e ci insegnava canzoni ebraiche. … Continuavamo a cantare le nostre canzoni di sera, anche se non ne avevamo voglia. Ma le canzoni accompagnavano la ricerca di cimici … alle cimici seguirono i pidocchi. Con l’assalto dei pidocchi, scoppiarono le epidemie. Io, insieme a molti altri, soccombetti all’encefalite. Fui curata nella caserma dell’ospedale. Mi rimisi bene … Poco tempo dopo esplosero le epidemie di tifo e paratifo. Fui colpita da una febbre molto alta, arrivai a delirare e venni portata nella baracca di isolamento. Rimasi all’ospedale parecchi mesi. …
Per camuffare la realtà all’ispezione della Croce Rossa, il ghetto si trasformò. Terezín ferveva per i preparativi dell’abbellimento della città. Comparvero una banca, dei negozi, degli asili e una scuola con il cartello “Chiusa per vacanza” e il ghetto fu decorato con dei fiori. Ci venne dato denaro in vari tagli, sul retro recava una caricatura di Mosè che teneva le tavole dei dieci Comandamenti. I nuovi “negozi” facevano mostra di lattine di zuppa, sardine, e dadi … ma con il nuovo denaro del ghetto non poteva essere acquistato niente. Oltre al caffè vennero allestiti un teatro e una sala da concerto.
A mio padre fu ordinato di allestire un quartetto. Vennero procurati degli strumenti. … La sala fu liberata per il concerto. Non saprò mai come riuscì a suonare; per più di due anni non era stato in grado di esercitarsi e le sue mani, a furia di portare patate, erano diventate callose.
Divenne ben chiaro che era una copertura a beneficio dell’ispezione imminente della Croce Rossa Internazionale e del film di propaganda nazista girato pressappoco nello stesso periodo. Alcuni bambini del ghetto dovettero partecipare a scene filmate all’interno del ghetto. Il resto fu girato fuori con attori ben nutriti e ben vestiti, insieme alla popolazione locale. Dopo che l’ispezione della Croce Rossa terminò, il film continuò fuori dal ghetto. I nuovi “negozi” si svuotarono e la nostra esistenza ritornò quasi come era prima.
Il giorno seguente tutti coloro che avevano preso parte al concerto furono deportati ad Auschwitz. A nessun testimone del film di propaganda doveva essere permesso di sopravvivere. Alcuni giorni dopo la deportazione di mio padre, fu il mio turno. Nutrivo la fervida speranza di vederlo di nuovo. Ma non accadde. Mia madre venne a vedermi partire quando dovetti unirmi ai deportati. Mi abbracciò stretta a lei per la prima volta da quando ero piccola. Disse che sapeva che “ero a posto e ce l’avrei fatta”.
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