Tratto dal diario personale, manoscritto di Fatina Sed
Alberto e Fatina Sed,
Fatina Sed
Roma
A Roma intanto era scoppiata la guerra, agli ebrei avevano tolto tutti i diritti civili e un giorno mia madre venne a casa piangendo perché le avevano tolto la licenza per lavorare. Allora giravamo per le strade con un sacco e cercavamo di vendere quello che era rimasto dal banco.
Da lì a breve la mandarono a chiamare dall’orfanotrofio, le dissero che non avevano più soldi per mandarlo avanti e che i figli doveva riprenderli con sé altrimenti li avrebbero mandati in Palestina. Non potendo immaginarsi lontano da loro, mia madre li riprese con sé. Di nuovo tutti insieme, ma non sereni come un tempo.
La guerra andava avanti, la merce che avevamo finì, ma mia madre non si perse d’animo e comprò dei pettinini, degli elastici e dei lacci da scarpe da usare come merce.
Ero sempre con lei. Mia madre mi diceva che la capivo, che l’aiutavo anche perché Angelica e Alberto si vergognavano di vendere per strada, erano cresciuti in collegio!
Il peggio non era ancora arrivato, erano tempi duri ma nessuno di noi immaginava cosa sarebbe accaduto.