Lia Finzi è nata a Venezia nel 1928 in una famiglia mista, il padre ebreo e la madre cattolica. La sua è una famiglia totalmente laica. A dieci anni vive l’espulsione da scuola in seguito alle leggi razziste del 1938. Durante la guerra si rifugia con la sorella e il padre in Svizzera. Tornata a Venezia si diploma maestra, insegna due anni nella scuola ebraica e poi nella scuola pubblica. Attiva nella politica, iscritta al PCI, è sindacalista e assessora nella Giunta veneziana fra il 1975 e il 1985. Continua ad esercitare il ruolo di testimone e ad andare nelle scuole a raccontare ai giovani la sua esperienza.
LA STORIA Lia Finzi, veneziana, aveva dieci anni all’emanazione delle leggi razziste. Lia Finzi ci racconta qui l’impatto che hanno avuto su di lei bambina prima la cacciata dalla scuola, senza spiegazioni e senza capirne la ragione, e poi il comportamento delle sue amichette che dopo le leggi la insultavano per strada gridandole “sporca ebrea”. È una testimonianza che ci racconta non solo dell’antisemitismo di Stato, rappresentato dalle leggi, ma di un antisemitismo diffuso di cui è tuttora difficile valutare la portata e l’impatto successivo, negli anni della persecuzione. In quell’esperienza, sfociata dopo il 1943 nella fuga in Svizzera, Lia Finzi impara a sentirsi diversa, una diversità che non derivava solo dal suo ebraismo ma anche dalle persecuzioni e dalla sua paura degli insulti e dei rifiuti, ma che soprattutto impara ad amare. Una diversità data dall’appartenenza ad una minoranza in lotta contro ogni oppressione e ogni discriminazione che spiega le sue scelte del dopoguerra, attivamente partecipe della lotta politica e infaticabile divulgatrice della memoria nelle scuole.